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Identità Golose, il patron Paolo Marchi bacchetta i salentini: “Attrezzatevi”

Al Salento é affezionato e pure tanto. Paolo Marchi, patron di Identità Golose, congresso italiano di cucina e pasticceria d’autore, evento italiano di riferimento del mondo dell’eno-gastronomia e della ristorazione, chiude la quattordicesima edizione in positivo. “Nonostante la neve a Milano e le elezioni politiche”, mi ha detto a margine.

Identitá Golose, quest’anno, ha aperto i battenti con il ricordo di Gualtiero Marchesi e con un tema, filo conduttore dell’intera rassegna, “romanticamente” attuale: il Fattore Umano.

Sono sempre più numerosi gli chef stellati che escono dalla cucina per raccontare, nel confronto diretto con il pubblico, ciò che ai fornelli preparano. Social e format Tv diventano in questo senso canali privilegiati, strumenti indispensabili di una comunicazione diretta, immediata.

“Ormai vedi più cucina sui social che mangiata -, mi racconta Paolo Marchi – una volta non era così. La ricetta la trovavi scritta e se non andava bene la rifacevi”.

Ma ciò che mi ha davvero stupita, durante la nostra chiacchierata, é stata la sua impressione del Salento, la mia terra. “L’ho detto altre volte, non è di certo una novità” ci ha tenuto a sottolineare Marchi. E, a dirla tutta, é stata sufficiente una domanda, anche abbastanza di circostanza (“Le piace il Salento?”), per trovarmi di fronte a un fiume in piena.

Sua moglie ha origini salentine, di Presicce, e le estati qui giù sono state frequenti negli anni. Forse è per questo che, parlando del Tacco d’Italia, Marchi mi è sembrato un “padre che rimprove i figli”.

La bacchettata é stata immediata. “Il Salento mi piace da pazzi, la sua luce é una vera magia. Mi piace un po’ meno la mancanza di spirito imprenditoriale. Mi è capitato di trascorrere l’estate nel Salento e di chiedere magari che venisse fatto un lavoro di ristrutturazione in casa. Tornare a Natale o Pasqua e constatare che il lavoro non era stato ancora fatto mi ha lasciato perplesso. Nel Salento domani é sempre il giorno migliore per fare qualcosa”.

Non é arrabbiato Paolo Marchi, ma amorevolmente critico, nei confronti di una terra che “ha una potenzialità pazzesca, ma che si accontenta di poche settimane di stagione estiva”.

Quello stesso Salento che egli reputa “più bello dei Caraibi, ma con una organizzazione totalmente diversa. O meglio, senza una organizzazione”.

Per l’uomo della convegnistica, per il milanese abituato a scalette e programmazioni, la domanda sorge spontanea: “Possibile che non ci si riesca ad attrezzare per allestire un centro congressi o per gustare un caffè a maggio in riva al mare?”.

Domande quanto mai attuali, per noi, che ci troviamo in questi giorni a lottare per tenere aperti i lidi. Ma Marchi, in fondo, cosa può saperne della nostra burocrazia?

Babette